domenica 22 marzo 2015

Appunti di Alchimia Spirituale 0150322


Quando rileggiamo i Maestri del passato, quando incontriamo qualcuno con lo sguardo sereno e semplicità indica la Via (consapevolmente o meno), quando incrociamo lo sguardo stupito di bambino, capiamo che il lavoro da fare è tanto e la nostra presunzione di conoscenza è un atto di “arroganza”. Si fa strada la consapevolezza dell’ignoranza. Questa consapevolezza non deve indurre tristezza, ma gioia. E’ solo in questo momento che l’ardore del sacro fuoco che non brucia ritorna ad essere vivo e la voglia di lavorare con maggiore assiduità ed intensità si fa più viva che mai.

Il lavoro, come il viaggio è infinito e pieno di soste e luoghi meravigliosi e spaventosi da visitare, nei quali sostare per diventare cittadini di molte esperienze. La fatica ed  il sudore sono una delle condizioni minime per avere una giusta paga ognuno per il suo.

Non si penetrerà mai sino in fondo il mistero dei misteri se non si è disposi a lottare per esso, se non si è disposti ad amare di un amore incondizionati che tutto può prendere, ma tutto può dare in una misura maggiore di quanto si è dato. Il momento della paga e della soddisfazione non è determinato né certo, ma il viaggiatore, pur avendo tra i suoi scopi la meta, ha come primaria necessità vitale quella di camminare la Via.

La quiete è per pochi, i molti devono convivere con l’inquietudine. Essere operari all’interno di un Atanor vivente e spesso perdersi e ritrovarsi. La putrefazione come le fasi dell’opera non è detto che avvengano una volta per tutte, ma il lavoro può prevedere molteplici tentativi e diversi inizi. Fucina di Fabbro, Laboratorio Alchemico, Cantiere di Muratori e Carpentieri e molto altro ancora si dovrà visitare, ogni volta chiedere di poter essere ammesso come l’ultimo degli apprendisti. Non è quanto si è fatto, l’eventuale grado raggiunto, la manifestazione di segni che per alcuni poco contano, ma la capacità di rifarsi “profani” di essere l’ultimo arrivato che tutto ha ancora da apprendere, il vedere e rivedere ogni giorno con occhi nuovi il modo uno dei misteri della Maestria. Il maestro non è tale solo per ciò che sa, il Maestro è!

Essere non l’erudito conoscitore di poliedriche nozioni, essere colui che vive ed esperisce nella molteplicità degli stadi e stati del suo proprio essere infiniti cicli vitali. Esperire la disperazione del fallimento e sulla cenere della propria anima soffiare e ravvivare la sacra fiamma, il soffio di quel pneuma che tutto può. Che era all’origine del manifesto e del non manifesto, e nell’istante che dura meno di un istante essere la VIBRAZIONE da cui tutto è iniziato e a cui tutto inevitabilmente deve tornare dopo le sofferenze dei cicli.

L’universo è semplice come sono semplici le sue leggi, la complessità nasce dall’essersi allontanati da quanto era e dovrebbe essere. Molteplici i vizi ed i peccati, ognuno ne ha per se e ne inventa di nuovi; per questo bisogna scavare oscure profonde prigioni in cui “catturare” e non uccidere una parte di se. È come per un principio della fisica: “ogni corpo immerso parzialmente o completamente in un liquido riceve una spinta verticale dal basso verso l'alto, uguale per intensità al peso del fluido che occupa nel volume spostato”, lo stesso è necessario fare con il proprio spirito. Immergersi e risalire, rettificare, essere l’ombra e la luce nelle loro forme più compiute, alla fine è semplicemente questo quanto hanno fatto e fanno i Maestri sulla via…

Gioia – Salute – Prosperità

© Michele Leone
immagine presa dalla rete

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